Qualche giorno fa ho riflettuto su un argomento che per molti è tabù: la morte.
In occasione del funerale del papà di un mio amico ho indossato gli occhiali dell'osservazione. Occhiali scuri per nascondere le lacrime quasi fosse un male, cellulari consultati freneticamente anche in un momento di silenzio e preghiera, battute tra persone che non si vedono da tempo e soprattutto le frasi inutili. Quelle parole che si dicono per abitudine, perché altro non c'è da dire, parole che potrebbero essere sostituite solo da un abbraccio lungo e caloroso.
In prima posizione "sii forte".
Parlo per me ovviamente ma non vorrei sentirmela dire in un momento di dolore. Perché essere forte oggi che devo salutare una persona cara, che mancherà nella mia vita, che non potrò toccare, baciare, con la quale non potrò scambiare due chiacchiere. Avrò il resto dei giorni per essere forte e abituarmi alla sua assenza ma almeno nel giorno di dolore no, non voglio essere forte. Voglio piangere, imprecare e dare sfogo ai sentimenti di tristezza che sono nel mio cuore. Un grande problema dell'essere umano, che dice di avere la capacità di comunicare, è proprio la non comunicazione. Reprimiamo le emozioni, sempre, in ogni ambito. Facciamo le persone controllate per poi esplodere se al semaforo verde un'auto parte con due secondi di ritardo. Parliamo di amore e non siamo in grado di dimostrarlo, parliamo di fiducia e tradiamo per primi noi stessi, chiediamo agli altri di essere forti quando poi noi torniamo a casa e la nostra vita rimane la stessa senza stravolgimenti. Se l'uomo parlasse meno e osasse di più nei gesti, negli abbracci e nei sorrisi...
Fateci caso e al vostro amico regalate solo un abbraccio e la vostra presenza, molto più utili di un "sii forte".