
Partiamo da una considerazione di base, il Covid-19 esiste e ha preso temporaneamente in ostaggio le nostre vite provocando una grande emergenza sanitaria che sta scrivendo una triste pagina di storia contemporanea fatta di assenza di contatti umani, se non virtuali, di immagini “forti” diffuse dai Media, di Eroi in camice bardati di dispositivi di protezione, di città quasi deserte, di “flash mob” sui balconi, di decreti varati a tutte le ore del giorno, di autocertificazioni che annullano e sostituiscono le precedenti, mandandoci inevitabilmente in confusione.
A giusta ragione, ogni giorno veniamo “bombardati” da contenuti che camminano tutti nella stessa direzione, da bollettini sanitari (poco confortanti) a programmi di approfondimento. Questa buona (se pur abbondante) informazione non deve essere equiparata al mare di notizie provenienti dal mondo delle “fake news” che, viaggiando alla velocità della luce, soprattutto sui social network, non costituiscono un giusto modo di “far notizia” ma, al contrario, un vero e proprio allarme collettivo.
Utilizziamo i social per scopi costruttivi , come condividere foto, chiacchierare, o anche per coltivare i nostri interessi, non per contribuire a diffondere false notizie cariche di grande “appeal popolare”, che seminano preoccupazione o panico gratuito in chi ingenuamente o superficialmente le recepisce come fonte di verità. Imponiamoci di fare selezione, di leggere realmente quello che abbiamo sotto gli occhi per evitare di far parte di quel “gregge di pecore” che alimenta il circuito malato delle “fake news”, confezionate ad arte e che non si basano su fatti reali.
#Restiamoacasa ma “non scolleghiamo” il nostro cervello; in questo inevitabile sovraffollamento di notizie, scindiamo il vero dal falso affidandoci solo ai professionisti dell’informazione, nell’attesa che passi questo periodo e che si arrivi finalmente ad esclamare: “ti ricordi quando nel 2020 abbiamo vissuto il Coronavirus?”
Patrizia