
«Quiet quitting»: è la parola del momento, e contemporaneamente lo specchio dei tempi. Cosa significa? Letteralmente vuol dire «lascia lentamente» e in pratica è un atteggiamento del lavoratore che mette dei paletti in ambito professionale, lavorando quanto basta e, magari, evitando ad esempio gli straordinari oppure extra oltre il dovuto. Tutto questo per non farsi risucchiare da un sistema che si muove verso l'iperattività e l'iper-reperibilità, incentivate paradossalmente dallo smartworking vissuto durante la pandemia in cui dividere casa e ufficio è risultato praticamente impossibile. Quali sono le cause di questo quiet quitting? Da una parte, si potrebbe pensare che il bisogno di «lasciare lentamente» il lavoro e di staccarsi psicologicamente dalla scrivania sia dettato dalla necessità di non farsi assorbire, ma anche di gestire meglio lo status di equilibrio tra lavoro e vita privata. Si tratta di un bisogno legittimo considerato che siamo cresciuti con l'idea di trascorrere la maggior parte delle nostre giornate a lavorare ma, dopo averlo sperimentato in prima persona, abbiamo anche capito quali possono essere le conseguenze in termini di stress e, nei casi peggiori, di burnout. E voi che rapporto avete con il vostro lavoro?