
In tempo di pandemia, restrizioni e assenza di lunghi aperitivi al bar, è bene stimolare il fai da te e l’home-made, perché no, nella preparazione dei famosi cocktail, tanto amati nel momento aperitivo. Siete tipi da spritz, da Negroni o da mojito? Il primo uso documentato della parola cocktail risale al lontano 1806, quando un candidato politico USA, tra i costi della sua campagna elettorale dichiarò una spesa di 25 dollari per aver bevuto e offerto... cocktail. Ma scopriamo da dove derivano i nomi dei nostri cocktail, partendo dal mojito: potrebbe derivare da mojo, una salsa cubana a base di agrumi o dal termine spagnolo mojadito, che vuol dire umido. Il negroni, invece, fu ideato dal conte fiorentino Camillo Negroni. Negli anni '20 frequentava lo storico Caffè Casoni di via Tornabuoni, a Firenze dove era solito chiedere una variazione all'aperitivo Americano: sostituire il seltz con il gin. Passiamo al Bellini: fu chiamato così in onore del pittore Giovanni Bellini da Giuseppe Cipriani, fondatore dell'Harry's Bar di Venezia, che nel 1949 mescolò per primo succo di pesca e prosecco. Ma chiudiamo con il cocktail più amato dagli italiani: lo spritz. Il nome deriva dal tedesco spritzen (spruzzare, allungare) e ha avuto origine dall'usanza dei soldati austriaci, che occupavano l'ex Repubblica di Venezia, di allungare i vini veneti con acqua frizzante. Da qui, il cosiddetto vin sprizato. Come cocktail nasce negli anni '20, con l'aggiunta dell'Aperol, conquistando il cuore di tutti gli italiani (e non solo) per sempre.