Molto spesso la cronaca giudiziaria ci racconta vicende tristi che colpiscono famiglie perbene a cui inspiegabilmente viene tolto tutto quello che hanno, come l’affetto di un figlio. Nei giorni scorsi i giudici della Corte di Cassazione hanno chiuso definitivamente il caso giudiziario legato all’omicidio di Marco Vannini, morto a causa di un colpo di pistola sparato dal padre della fidanzata, Antonio Ciontoli, nella sua villetta di Ladispoli, litorale nord di Roma, nell’estate del 2015. Cinque sentenze hanno messo la parola fine alla vicenda processuale. Cintoli è stato condannato a 14 anni per omicidio volontario. Sebbene lo sparo sia partito per errore, secondo quanto accertato in giudizio, Cintoli avrebbe agito dolosamente ritardando i soccorsi. I familiari di Ciontoli sono stati tutti condannati a 9 anni e 4 mesi per concorso semplice in omicidio volontario perché hanno fornito un contributo causale alla condotta posta in essere dal padre. La sentenza, accolta da un lungo applauso, è arrivata, dopo quasi quattro ore di camera di consiglio. La vicenda lascia senza parole facendo rimanere solo tanta amarezza. La considerazione è solo una: nessuna condanna potrà riportare in vita un giovane ragazzo, di appena 20 anni all’epoca dei fatti e all’inizio del suo cammino ma finalmente genitori, amici e parenti potranno, dopo 6 lunghi anni, abbandonare le aule dei tribunali, ritrovare un po’ di pace e vivere di ricordi.
Patrizia